domenica 24 gennaio 2016

Discorso di Callicle sulla filosofia (dal "Gorgia" di Platone)






"Certo, Socrate, la filosofia è un'amabile cosa, purché uno vi si dedichi, con misura, in giovane età; ma se uno vi passi più tempo del dovuto, allora essa diventa rovina degli uomini. Infatti, per quanto uno sia ben provvisto di doti naturali, qualora si attardasse a filosofare anche quando fosse ormai avanti negli anni, per forza di cose egli diventerebbe inesperto di tutte quelle cose di c
ui deve avere esperienza chi intende essere uomo per bene e onorato. Infatti, costoro diventano inesperti delle leggi che riguardano la città, di quei discorsi di cui ci si deve servire quando si hanno faccende da sbrigare con altri uomini, in privato e in pubblico, dei piaceri e dei desideri umani, e, in generale, diventano del tutto inesperti dei costumi degli uomini. Quando poi si dedichino a qualche affare, privato o pubblico, si rendono ridicoli, allo stesso modo in cui, credo, si rendono ridicoli i politici quando si intromettano nelle vostre dispute e nei vostri ragionamenti. Accade infatti quanto dice Euripide, «che ciascuno brilla in una data cosa, e a questa si sente attratto, dedicando ad essa la maggior parte del giorno perché lì gli accade di superare se stesso». Quella cosa, invece, in cui uno si ritrovi mediocre, la evita e ne parla male, e loda l'altra per amor proprio, pensando di lodare in questo modo se stesso. Ma io penso che la cosa più giusta sia partecipare dell'una e dell'altra cosa: è bello partecipare alla filosofia nella misura in cui è utile all'educazione spirituale, e non è brutto filosofare finché si è giovani; ma quando si attardi a filosofare un uomo ormai avanti negli anni, la cosa, o Socrate, si fa ridicola, ed io provo nei confronti di coloro che fanno i filosofi un sentimento identico a quello che provo nei confronti di coloro che balbettano e giocano. Infatti, quando mi capita di vedere un fanciullo, a cui ancora si addice l'esprimersi in questo modo, cioè balbettando e giocando, ne gioisco e mi pare grazioso, spontaneo, e confacente alla sua età. Quando invece mi capita di sentire un fanciullo esprimersi con chiarezza, mi dà l'impressione di essere una cosa acerba, mi infastidisce le orecchie, e mi pare un modo di fare servile. Se poi ci accade di sentire un uomo balbettare o di vederlo giocare, ci appare cosa ridicola e poco virile, e pensiamo che meriti di essere preso a botte. Ebbene, lo stesso sentimento lo provo nei confronti di coloro che fanno i filosofi. Infatti, provo gusto a vedere la filosofia sulla bocca di un giovane, e mi sembra che gli si addica e penso che costui sia un uomo libero, mentre considero uomo non libero colui che non coltiva la filosofia, e penso che non sarà mai all'altezza di cose belle e nobili. Ma quando vedo un uomo già avanti negli anni che ancora coltivi la filosofia e non sappia separarsene, mi sembra, o Socrate, che costui abbia bisogno dì essere preso a botte. Infatti, come dicevo poco fa, a quest'uomo, per quanto sia ben provvisto di doti naturali, toccherà diventare un ignavo, fuggendo il centro della città e le piazze, dove, come dice il poeta, gli uomini si affermano, e passare il resto della vita rintanato in un angolo a borbottare con tre o quattro giovanotti, senza mai fare un discorso degno di uomo libero, elevato e valido. Ma io, Socrate, nutro per te vera amicizia: rischio di provare nei tuoi confronti quel sentimento che lo Zeto di Euripide provava nei confronti di Anfione, che ho già menzionato. Anche a me, infatti, viene di dirti le stesse cose che costui disse al fratello: «Tu trascuri, Socrate, le cose di cui dovresti occuparti, e travesti di una forma puerile la natura così nobile della tua anima; né ai processi sapresti portare un discorso che regge, né sapresti prendere la parola in modo da essere ragionevole e persuasivo, né sapresti prendere un consiglio ardito in favore dì altri». Ebbene, caro Socrate, e non prendertela con me, perché io parlo per il tuo bene, non ti pare che sia sconveniente per te trovarti in questa situazione, in cui io credo che vi troviate tu e gli altri che si addentrano sempre più avanti nella filosofia? Infatti, supponiamo che ora uno, arrestato te o un altro qualsiasi di quelli che sono come te, ti trascinasse in carcere dicendo che tu hai commesso un delitto, benché tu sia innocente: sai bene che tu non sapresti che fare di te, ma resteresti smarrito e a bocca aperta, non sapendo che dire; e che, una volta messo piede in tribunale, anche se ti capitasse un accusatore buono a niente e incompetente, potresti morire, se costui volesse chiedere per te la pena di morte. Ebbene, o Socrate, come può essere saggia quell'arte che, preso sotto le sue cure un uomo di buone speranze, lo renda peggiore, e incapace di aiutare se stesso e di salvare dai più grandi pericoli se stesso o qualsiasi altro uomo, e che lo lasci in balia dei suoi nemici, perché lo spoglino di ogni suo avere, e lo faccia vivere privato di ogni diritto nella sua città? Un uomo del genere, anche se l'espressione è piuttosto rozza, si può prendere a schiaffi impunemente! Ma amico mio, dammi retta, smettila di confutare, e coltiva invece la buona musa delle cose pratiche, dedicati a quelle cose, grazie alle quali ti farai la reputazione di essere uomo di buon senso, lasciando ad altri queste sottigliezze, chiacchiere o fandonie che si debbano chiamare, con le quali finirai per abitare in vuote dimore, ed emulando non gli uomini che stanno a confutare queste piccolezze, ma coloro che possiedono averi, fama e molti altri beni."

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