[12 Diels-Kranz ]
"A chi discende nello stesso fiume sopraggiungono acque sempre nuove."
Forse uno dei frammenti più commentati del filosofo di Efeso. Rientra nel gruppo dedicato al Panta rhei, il concetto del "tutto scorre". Per capire questa affermazione, basti pensare al concetto antico del divenire, che era già presente nei filosofi ionici, in Anassimandro in particolare. Questo infatti sviluppa una
cosmogonia dall'infinito indistinto, cioè dall'Apeiron (l'Apeiron è la condizione primordiale amorfa, in cui gli elementi condividono la comune condizione di indeterminatezza). In futuro forse si parlerà meglio della filosofia di Anassimandro, ma per ora basti che siano chiari alcuni punti di convergenza: per entrambi i pensatori esiste una legge cosmica, necessaria, ordinatrice, che interessa tutto e tutti; entrambi riprendono la teoria degli opposti: per Anassimandro i singoli oggetti sensibili si distaccano dall'Apeiron sotto forma di contrari, che hanno una qualità precisa, cioè sono delimitati dal reciproco opposto; per Eraclìto nella realtà vige uno scontro eterno, ingenerato e giusto tra gli opposti, che è la legge cosmica stessa, che chiama Logos. Gli opposti ("vivente e morto", "sveglio e dormiente", "giovane e vecchio"; esempi tratti dal frammento 88) sono in continuo scontro tra di loro, e l'incessante conflitto genera unità nell'intero universo, e così tutto scorre e si modifica, come le acque del fiume. Ecco che l'apparente molteplicità del mondo si rivela essere una dinamicità, cioè le esperienze del mondo sensibile appaiono indipendenti e diverse, ma in realtà il Logos, se ascoltato, ci rivela la verità, cioè che il tutto è un'unità, basata su relazioni di conflitto, che diviene incessantemente e che genera armonia nascosta. E' difficile allora distinguere il giorno dalla notte, perchè il conflitto incessante tra di loro li mette sullo stesso piano ontologico: sono cioè di fatto la stessa cosa. E' evidente che il principio di non contraddizione (A=-A è falso), che con rigore postula Aristotele nella Logica, viene a mancare, ma quello di Eraclìto è un'irrazionalismo volto alla conoscenza della natura (physis) nella sua declinazione più intima. Così il fuoco è un'altra immagine funzionale, perchè le ondulazioni della fiamma sono in continuo divenire, nascono e muoiono continuamente, come il giorno e la notte, e così solo abbiamo quello che chiamiamo fuoco: la sussistenza del tutto è data dalla dinamicità misurata tra la nascita e la morte. Così anche nel nostro frammento 12, il fiume è sempre se stesso, ma guardando attentamente, con lo sguardo del Logos, allora possiamo osservare la legge più profonda e vera della natura, cioè appunto il divenire e la lotta dei contrari.
cosmogonia dall'infinito indistinto, cioè dall'Apeiron (l'Apeiron è la condizione primordiale amorfa, in cui gli elementi condividono la comune condizione di indeterminatezza). In futuro forse si parlerà meglio della filosofia di Anassimandro, ma per ora basti che siano chiari alcuni punti di convergenza: per entrambi i pensatori esiste una legge cosmica, necessaria, ordinatrice, che interessa tutto e tutti; entrambi riprendono la teoria degli opposti: per Anassimandro i singoli oggetti sensibili si distaccano dall'Apeiron sotto forma di contrari, che hanno una qualità precisa, cioè sono delimitati dal reciproco opposto; per Eraclìto nella realtà vige uno scontro eterno, ingenerato e giusto tra gli opposti, che è la legge cosmica stessa, che chiama Logos. Gli opposti ("vivente e morto", "sveglio e dormiente", "giovane e vecchio"; esempi tratti dal frammento 88) sono in continuo scontro tra di loro, e l'incessante conflitto genera unità nell'intero universo, e così tutto scorre e si modifica, come le acque del fiume. Ecco che l'apparente molteplicità del mondo si rivela essere una dinamicità, cioè le esperienze del mondo sensibile appaiono indipendenti e diverse, ma in realtà il Logos, se ascoltato, ci rivela la verità, cioè che il tutto è un'unità, basata su relazioni di conflitto, che diviene incessantemente e che genera armonia nascosta. E' difficile allora distinguere il giorno dalla notte, perchè il conflitto incessante tra di loro li mette sullo stesso piano ontologico: sono cioè di fatto la stessa cosa. E' evidente che il principio di non contraddizione (A=-A è falso), che con rigore postula Aristotele nella Logica, viene a mancare, ma quello di Eraclìto è un'irrazionalismo volto alla conoscenza della natura (physis) nella sua declinazione più intima. Così il fuoco è un'altra immagine funzionale, perchè le ondulazioni della fiamma sono in continuo divenire, nascono e muoiono continuamente, come il giorno e la notte, e così solo abbiamo quello che chiamiamo fuoco: la sussistenza del tutto è data dalla dinamicità misurata tra la nascita e la morte. Così anche nel nostro frammento 12, il fiume è sempre se stesso, ma guardando attentamente, con lo sguardo del Logos, allora possiamo osservare la legge più profonda e vera della natura, cioè appunto il divenire e la lotta dei contrari.
Ma c'è un altro piano di lettura. Infatti il frammento è traducibile anche ponendo il termine "stesso" a "chi", cioè a "uomini", anzichè a "fiume". Allora il campo semantico passa da quello cosmologico, a quello etico. Infatti ammettere che "A gli stessi uomini che discendono nel fiume sopraggiungono acque sempre diverse" significa interessarsi maggiormente dell'uomo e del suo comportamento. Gli uomini sono sempre se stessi, quindi mantengono una sussistenza, ma sono le acque che gli attraversano che sono sempre diverse. In questo senso allora la nostra identità è determinata dal modo con cui noi reagiamo a ciò che ci capita nella vita. Non abbiamo un modo naturale di essere, come talvolta la filosofia o la politica vuole far credere, ma siamo responsabili costantemente delle nostre azioni. Esse sole possono dire chi siamo, esse sole possono giudicare la bontà o la cattiveria di un uomo. D'altronde questo era implicito già nella prima interpretazione, in quanto se tutto il mondo dipende dal Logos del divenire e l'uomo stesso è nel mondo, allora l'uomo è in divenire e non può pietrificarsi in un giudizio del tipo "l'uomo è di natura malvagio" o "l'uomo è di natura animale politico". Ovviamente questo non vuol dire che l'uomo abbia uno scibile infinito di possibilità. Infatti il Logos è ciò che dà libertà all'uomo, ma anche ciò che lo limita: le Erinni (personificazioni della Vendetta), le ministre di Dike, dea della Giustizia, puniscono chiunque cerchi di trasgredire alla legge cosmica. Così per Kant la possibilità della conoscenza è conferita dei limiti che si impongono (le Categorie), o Stravinskij scriverà nella "Poetica della musica" che la musica è così incredibilmente varia perchè appunto limitata dalle regole compositive.
E' molto interessante notare parallelismi con pensatori moderni come J.P.Sartre, che dava peso al concetto di responsabilità dell'uomo o con la Volontà di potenza Nietzschiana. Questi accenni servono solo a concretizzare mentalmente il giudizio di Eraclìto come un filosofo antico ma estremamente innovativo. Per quanto riguarda le tematiche affrontate, che vanno dalla scoperta di una verità profonda e nascosta della natura, all'idea dell'uomo come un divenire che ha la responsabilità delle sue azioni e che è libero di determinarsi (nei limiti del Logos).
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