mercoledì 8 febbraio 2017

La storia è il giudice supremo degli artisti?


Nel testamento di Franz Kafka possiamo leggere la richiesta esplicita, rivolta all’amico Max Brod, di bruciare tutti i manoscritti delle sue opere. Racconti, raccolte, collaborazioni, romanzi, diari, quaderni, lettere e saggi di inestimabile valore sarebbero oggi nell’oblio più totale se Brod non fuggì in Palestina con l’intero lascito durante l’invasione della Cecoslovacchia nel 1939. Così iniziò la lunga e tortuosa vicenda delle lotte ereditarie dei lavori kafkiani:
uno scontro che vide in campo una famiglia israeliana, nonché università e archivi tedeschi e palestinesi. I fatti si risolsero nel 2012, quando i manoscritti furono ceduti alla Biblioteca nazionale di Israele. Ora sono liberamente consultabili, scagionati da combutte ereditarie, ma cosa penserebbe Kafka di tutto ciò? Non era proprio il suo obbiettivo arrivare a ciò, possiamo quindi dire che il caso, o una particolare concatenazione di eventi, ha permesso che oggi chiunque possa leggere La Metamorfosi o Il Processo. 

Il caso è interessante, perché è facilmente immaginabile una deviazione della storia, per la quale il fidato amico Max Brod decide di assecondare le ultime volontà del compagno e di alleggerirsi il carico per fuga dai nazisti, bruciando tutti i manoscritti in un camino, dal primo all’ultimo. Il solo pensiero fa male a chiunque abbia goduto dalle opere dello scrittore boemo, ma le cose sarebbero comunque potute andare così, e nessuno oggi soffrirebbe veramente della mancanza. Franz Kafka sarebbe solo un vecchio parente di una famiglia Ceca, ricordato dai propri cari, ma sicuramente non ammirato ovunque come lo è oggi. E’ fondamentale capire che con il nostro esperimento mentale, stiamo immaginando un presente alternativo in cui nessuno sa assolutamente nulla del povero scrittore: apatia totale verso un nome assolutamente vuoto, che si riferisce al più ad un defunto impiegato dell’est. Alcuni oggi potrebbero chiamare tutto ciò un’ingiustizia, e forse pensò la stessa cosa anche Brod, viste le sue azioni. Ma nessuno lo direbbe nell’altro binario della storia: sarebbe questa la vera ingiustizia infatti, come un ladro che la fa franca e rimane impunito, anche qui sembra che qualcuno riesca a sfuggire proprio perché nessuno fa niente, perché nessuno mette in atto la giustizia.

E’ qui che volevo arrivare: la giustizia va messa in atto da attori sociali. Non esistono le ministre di Dike, come si pensava nell’antichità, che puniscono i trasgressori degli equilibri naturali del cosmo. Esistono purtroppo solo uomini, che una volta ce la fanno e l’altra magari no: la giustizia è un’idea, per farla carne ci vuole il dramma della scelta e la forza della rivoluzione. Il caso Kafka è stato un caso in cui ce l’abbiamo fatta, ma possiamo immaginare un caso in cui abbiamo fallito? Riflettiamoci. Un caso del genere di per sé è impensabile: sarebbe infatti il caso di una grande azione andata perduta dalla memoria. Casi molto vicini a questi ne esistono a bizzeffe: solo in pochi ricordano infatti Fra Dolcino, quel Fra Dolcino così fantasticamente raccontato da Dario Fo ai giovani in televisione. Questa fu una figura importantissima per l’epoca, fu precursore delle idee protestanti di Lutero, ma a differenza del Pastore tedesco, il nostro frate non vide la rivoluzione, bensì la forca. Così in pochissimi ora conoscono Fra Dolcino, ma parecchi, almeno qua in Europa, sanno qualcosa di Martin Lutero. Ma questo è un caso ancora troppo lontano dal nostro compito: noi dobbiamo immaginare un caso sconosciuto a tutta l’umanità, noi compresi, di un’azione grande ma sfortunata. E’ impossibile farlo chiaramente, ma abbiamo l’impalcatura generale dell’esperimento mentale: è possibile che esista un caso del genere. Se ciò non fosse allora dovremmo ammettere che esistono delle divinità che applicano la giustizia, che la giustizia è una e sacra e che la verità ha una forza che trascende la storia. In poche parole, l’idioma popolare: la storia è il giudice supremo di qualsiasi condotta.

Da ciò che è emerso finora non sembra proprio che le cose stiano così. Sarebbe una visione ottimistica e riduzionista della storia. Ottimistica perché non vede che l’applicazione della giustizia è un dramma e una fatica; riduzionista perché pensa che tutti i fatti rilevanti della storia siano già saltati fuori e che non ci sia più nulla da ripescare. Io mi alzo e grido a gran voce che le cose non stanno così. La storia è storia di uomini. Ci sono fatti che appartengono alla storia, ma che non verranno contenuti mai in nessuna memoria. Altri invece sono lì, sotto i nostri occhi, ma nessuno ha la pazienza e la forza di rendergli giustizia. E’ questo che dovrebbe fare l'uomo, applicare la spada della giustizia, sostituirsi per un attimo alle ministre di Dike e riportare alla memoria ciò che pensa meriti di essere riportato.

Sul cosa meriti di essere ricordato sarebbe bello dilungarsi e parlarne in altra sede.

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