lunedì 27 giugno 2016

La passerella di Christo: è arte?





Se non avete ancora letto le critiche che sono state riassunte sul Bergamopost vi consiglio di darci un'occhiata, trovate i pareri di Sgarbi, Daverio e Labranca (Cliccami!). Sull'articolo del Fatto Quotidiano trovate anche quella di Achille Bonito Oliva e di Cristian Chironi (Cliccami!)
Quanto il loro è stato un giudizio da critici ultra famosi del nostro tempo, tanto Parresia vuole dire la propria con un atteggiamento molto meno mediatico e forse più speculativo. L'effetto è che sarà più noioso di un incisivo "è soltanto uno show divertente" o "è un'alternativa alle sagre di paese", ma si spera che endremo un po' più a fondo di così.



Innanzi tutto la mia è una reazione di uno che di arte contemporanea ne capisce ben poco, ma che si trova sotto casa un'opera di 4 chilometri di un arancione talmente sgargiante da non poter passare inosservata. In più l'opera ha davvero alzato un polverone allucinante tra la gente: chi non ha sentito parlare delle code o del caldo, chi non ha amici che difendono o condannano magistralmente l'artista bulgaro e la sua installzione?
Così penso che la maggior parte di noi abbia le idee un po' confuse e questo è uno dei motivi per cui Sgarbi forse ci è andato pesante ed ha parlato di "un'operazione capitalistica, figlia della cultura americana".
Cerchiamo di rispondere ad alcune domande basilari, le uniche con cui possiamo avere a che fare non essendo super eruditi del settore. Cerchiamo di capire se questa sia veramente arte, e se lo è che senso ha l'arte oggi se per farla bisogna spendere milioni per un ponte galleggiante.

Che cos'è un'opera d'arte?

Penso che ci sia un po' di imbarazzo nella nostra cultura contemporanea: si fa fatica spesso a capire quando abbiamo di fronte una vera opera d'arte o quando è tutta una presa in giro. Questo estratto di Aldo, Giovanni e Giacomo è esemplare!


Non abbiamo dubbi però (e una certa scenografica sacralità) a dire che la Gioconda sia arte, che il David di Michelangelo sia arte... Ma perchè?
Forse perchè sono il frutto di menti geniali, di artisti veri, unici? Ma l'artista è già definibile come "artista" prima che crei l'opera? Beethoven sarebbe considerato un grande compositore se non avesse mai scritto niente?
E' strano notare come nell'arte, l'opera venga istituita dall'artista e l'artista venga istituito dalla sua opera. Cioè per essere un grande artista uno deve produrre grande arte, e viceversa per un'opera essere grande significa essere prodotta da un grande artista. E' un po' come il rapporto padre-figlio: per essere figlio devi avere un padre e per essere padre devi avere un figlio. Quindi se vogliamo definire cosa sia un'opera d'arte dovremmo dire che "è il prodotto di un grande artista" e per dire cosa sia l'artista diremmo semplicemente che è "colui che crea opere bellissime". E' un gatto che si morde la coda, un circolo infinito o una di quelle strane strutture di Escher in cui ogni punto dello spazio è fine ed inizio di una architettura paradossale.

M.T. Escher, "Scala di Penrose"

Ci deve essere allora un terzo termine, sul quale entrambi questi fattori (opera d'arte e artista) poggino un qualche senso, altrimenti nulla avrebbe significato. Questo termine è niente di meno che l'arte stessa, o meglio il suo reale agire. 
La domanda allora non è nè "chi è l'artista?", nè "cos'è un'opera d'arte?", bensì "cos'è l'arte?".


Cos'è l'arte?

La domanda è incredibilmente grande, grava come un macigno solo a udirla e forse puzza un po' di insolenza voler tentare di rispondere. In effetti è molto facile precipitarsi in risposte avventate, emozionanti, poetiche, estremamente superficiali, basate sull'intuito, sulle esperienze, sul sentito dire... La domanda però va ben oltre questi livelli, perchè straripa in quello che è detto campo fenomenologico. In generale si intende per fenomenologia lo studio di una cosa per come si manifesta in se stessa. Dobbiamo capire cosa l'arte ci dica innanzitutto, dobbiamo leggere il suo biglietto da visita, quello che ci dà lei, non uno di un altro o ancor peggio uno che ci inventiamo noi.
Per spiegare bene cosa intendo propongo una manifestazione vera e propria. Quindi leggiamo...

L'approccio fenomenologico

Chiedere "che cosa sia l'arte" vuol dire qualcosa di specifico. Infatti il verbo usato è il verbo essere, e chiedere che cosa "è" qualcosa è diverso da chiedere ad esempio cosa "suscita", cosa "sembra", cosa "credi che sia"... Quella cosa che un ente "è" significa quella cosa si manifesta in se stessa, o per essere più pignoli, quale sia la manifestazione in se stessa simbolicamente relazionata al termine linguistico che usiamo. 
Suona strano, lo so, mi spiace, ma un nome come "fenomenologia" non poteva che richiedere un linguaggio altrettanto astruso. Ma non è capzioso, è preciso, come i termini medici o matematici, ogni parola è dosata e scelta minuziosamente per caricarsi del significato voluto.
Cosa sia l'arte manifesta in se stessa dunque è diventata la domanda. In se stessa l'arte fa una cosa precisa: fa mondo. Cosa significhi quest'espressione è un mistero per ora, ma per capirlo prenderò in esame un'opera molto discussa di Duchamp: l'Orinatoio.

M.Duchamp, "Orinatoio"

Questo è un orinatoio? Non proprio, perchè si può notare una firma e una data in primo piano. In oltre non è collegato ad alcuna parete, è un oggetto estratto dal proprio contesto quotidiano. 
E' inutilizzabile nel suo stato attuale, quindi quello che abbiamo di fronte è sì un orinatoio, ma non in quanto oggetto utile per i sanitari, ma in quanto opera d'arte. Cambia tutto perchè cambia lo sguardo, l'interpretazione che diamo di quest'oggetto, di questo fenomeno che sta accadendo davanti a noi (cambia "l'in quanto"). Questa è una caratteristica essenziale dell'arte: installa delle trame di significati, di rapporti tra colui che guarda l'opera, l'opera e la realtà circostante.

Stienglitz Alfred

Facciamo un esempio: il Partenone, ad esempio, creava reti di significati precisi, perchè era il luogo dei pellegrinaggi, delle preghiere, dei riti sacri, offerte votive... Installava dunque un mondo, fatto di divinità pagane, di sacralità, abitudini, e i greci che lo guardavano nel suo splendore entravano a far parte di questo mondo. Oggi non è più così. Ormai del Partenone vi è solo una rovina che viene studiata dagli storici dell'arte, ci sono turisti che scattano foto, restauratori all'opera... Vediamo come sia modificato nel tempo il mondo che quella struttura è andata installando.

Quindi cosa fa l'arte? Installa un mondo, dà significati alla cose, ai prati circostanti, alle farfalle che volano intorno, al senso di scalare una montagna (per pellegrinaggio o per un selfie)... 

Ma questo cambia nel tempo, vuol dire che anche oggi una Chiesa non sarà mai per sempre un luogo sacro, la nostra casa accogliente non sarà mai il nostro rifugio sicuro, così come le domus di Pompei hanno cambiato senso in una notte. Allora cos'è il senso delle cose? Come facciamo a dare un significato ai palazzi, agli oggetti, ma anche alle parole o alle immagini? 
Lo facciamo in maniera convenzionale. Siamo noi, in quanto uomini, a riempire di significato le cose, ma di per se stesse non ne hanno. L'orinatoio di Duchamp serve anche a capire questa cosa: vedendo un oggetto che sta sullo sfondo dell'uso quotidiano e di cui non ci accorgiamo quasi mai della sua reale presenza, così decontestualizzato e privato del suo senso a cui siamo abituati, ci accorgiamo che in realtà ne ha uno preciso, ma che pensiamo che tutte le cose ne abbiano uno. Il che è l'angosciosa realtà delle cose.


Il ponte di Christo

Come fare dunque a dire se il ponte di Christo è arte? Lo è. Per me.
Nel senso che abbiamo fin'ora esposto, l'opera in questione si installa in un ambiente, il lago di Iseo, svelando la trama di significati che creiamo quotidianamente. 
Non ce ne accorgiamo, ma vediamo il lago sempre dagli stessi occhi, allo stesso modo. La riva è il luogo dove poter arrivare asciutti, dove ci si spoglia senza problemi per prendere il sole, così le acque sono percorribili solo in nave e restano inaccessibili perfino dalla nostra mente per camminarci sopra... Ma il ponte sconvolge tutto. Abbiamo avuto la possibilità di vivere il lago da prospettive diverse, inimmaginabili, così abbiamo capito meglio cosa sia "il lago". 

Poter vivere qualcosa da prospettive diverse apre la nostra coscienza alla pluralità di significati che una stessa cosa può assumere, rompe le barriere dell'abitudine, rompe l'assopimento del pensare quotidiano, ci spinge a riflettere sulle cose. 

Da quei nuovi punti di vista, letteralmente regalati dall'artista, siamo riusciti a penetrare una delle bellezze lacustri più importanti d'Italia con nuovi orizzonti, quelli dell'arte, che non riducono mai nulla alla mera convenzionalità, ripetitiva e silenziosa, ma all'unicità dell'arte fine a se stessa.
Cos'è dunque ora il lago? E' qualcosa di nuovo, di multiforme, che abbiamo sempre visto con quella faccia, ma che ora sappiamo averne un'infinità. 

Allora cos'è il lago se non quel centro gravitazionale che può assumere significati tanto lontani come un luogo turistico, ittico, artistico... Così ogni cosa non è quella che rimane sullo sfondo indistinto e sempre uguale della quotidianità, ma un centro attrattore, un'essenza che non conosceremo mai, che possiamo solo intuire con la forza vibrante dell'arte.






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